17 dicembre 2014 Incontro-dibattito con Gianni Tamino

La lotta contro il mais OGM è parte di una lotta più generale per una società ecologica e un’economia sostenibile.

Basta con la monocoltura del mais.

Prevenire l’inquinamento delle falde acquifere.

Ridurre la produzione zootecnica.

Sviluppare un’agricoltura di qualità per l’alimentazione umana.

Ognuno di noi può accorgersi come il paesaggio agricolo friulano, specialmente in pianura, sia dominato dalla coltivazione del mais. Questo cereale esige lavorazioni profonde, abbondanti concimazioni e frequenti lavori superficiali: impegna molto il terreno e andrebbe piantato ogni quattro anni, alternandolo con altre colture.

Nella maggior parte dei nostri campi però gli agricoltori, schiacciati dalla necessità o ingolositi dal miraggio di un guadagno rapido, piantano il mais ogni anno, con pratiche agricole che massimizzano la produzione, ma rendono queste piante molto più sensibile  all’attacco d’insetti e funghi.

Aumentano così il numero di concimazioni e di trattamenti con pesticidi e fungicidi, che riducono la biodiversità, sono sempre meno efficaci, degradano il terreno e finiscono nelle acque superficiali e sotterranee.

E’ proprio il Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Trieste, che ha elaborato lo studio sul quale si basa il Piano Regionale di Tutela delle Acque, a indicare nei “fertilizzanti usati nei campi” la causa principale dell’inquinamento delle falde acquifere.

Di fronte a queste problematiche, bisognerebbe chiedersi che senso abbia continuare con la monocoltura del mais. Invece il rimedio proposto dalle grandi multinazionali agroalimentari è, per esempio, l’uso del mais OGM Mon810. Spacciato per miracolosa coltura che non ha bisogno di pesticidi, questo mais, geneticamente modificato, produce continuamente una tossina che colpisce alcuni (e non tutti) parassiti e la cui innocuità sull’uomo non è ancora stata dimostrata. Da un punto di vista più generale, questa scelta rappresenta nient’altro che una nuova perversione per dare continuità a un tipo di agricoltura che non ha futuro.

L’incremento demografico da un lato e l’effetto serra dall’altro, impongono che si debba andare verso una drastica riduzione del consumo di carne per l’alimentazione umana e quindi diventa anche sempre meno necessario il mais per uso zootecnico.

Se poi dobbiamo coltivare i campi a mais, inquinare le falde, per alimentare gli impianti a biogas allora è meglio non fare nulla che è più  economico e più salutare.

Infine va rilevato che siamo entrati in un periodo di svolta epocale che richiede soluzioni radicali e coraggiose; nell’economia in generale e nell’agricoltura in particolare.

Tamino 17 dic 14

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